Biblioteca Civica Bertoliana

Novità

Cuore capovolto

Cuore capovolto

Alberto Danini è un’ombra. Agente del Servizio centrale operativo, esperto informatico, si nasconde dietro a uno schermo del dipartimento di Polizia giudiziaria perlustrando i meandri della Rete a caccia di predatori. Si finge un adolescente fragile, ma è una maschera dolorosa da indossare: un adulto che si muove come un serpente in mezzo ai ragazzi, che cambia pelle di continuo. Quel ruolo da esca entra in risonanza con il bambino fragile che anche lui è stato; per questo è il migliore in quello che fa. La sua identità di copertura nasce e muore nel mondo virtuale, mentre i colleghi lottano tutti i giorni nel mondo reale: non importa se i meriti vanno ad altri, ad Alberto rimane la possibilità di elaborare ogni volta l’orrore di cui è stato testimone. Fino al giorno in cui l’agente Danini si imbatte nella vicenda di Leonardo P., tredici anni, caduto in una rete di mostri. O almeno questo è ciò che riferisce alla polizia il padre del ragazzo; questo è ciò su cui si concentrano Alberto e la squadra. Ma in realtà i bambini non c’entrano. Dietro l’app La Rete dei Cuccioli, dal nome innocuo, si nasconde stavolta un nemico diverso, dal volto ugualmente feroce. Mentre l’indagine entra nel vivo, Alberto è costretto a esporsi, a spingersi in prima linea, mosso non da un coraggio che non sente di avere, ma dalla paura. Di non saper difendere ciò che ha di più caro. Di non sapersi fermare in tempo. Di diventare come quelli che ha sempre combattuto. Paola Barbato, come i grandi maestri del genere, immagina mondi di oscurità, li edifica davanti ai nostri occhi, ci invita a entrare. E ci lascia lì, in compagnia di un’angoscia sempre nuova.

I sentieri degli aghi di pino

I sentieri degli aghi di pino

Non sono solo diverse, le vite dei due fratelli protagonisti del nuovo romanzo di Mauro Corona, sono inconciliabili. Cresciuti tra il respiro del bosco e lo sguardo severo e spoglio delle cime, il ragazzo e la ragazza hanno ricevuto gli insegnamenti del nonno, montanaro dalla saggezza antica, che ha tentato di trasmettere a entrambi il rispetto per la Natura in ogni sua forma e il valore della fatica buona, quella che rende prezioso ogni traguardo raggiunto. Eppure, ora che sono adulti, e quel tratto di sentiero condiviso è ormai alle spalle, i due hanno compiuto scelte diverse. Lei, affiancando agli studi scientifici i rimedi naturali custoditi dai vecchi del paese natio, ha messo al primo posto la salvaguardia dell'ambiente e ha sviluppato una sensibilità ecologista pura e intransigente. Lui, che dei moniti del nonno si è sempre fatto beffa, si è dato obbiettivi meno nobili, e della sua profonda conoscenza degli alberi ha fatto un'opportunità di guadagno. Così, se per la sorella il taglio di un bosco è un imperdonabile affronto e una stupida autocondanna per l'uomo, per lui è la normale conseguenza del progresso, il frutto dell'inarrestabile evoluzione che vede l'essere umano e le sue necessità al centro di tutto. Ritirato nella sua tana, tra i libri e le sculture che sono rimasti a fargli compagnia ora che la stanchezza lo ha allontanato dalle vette, il vecchio osserva questa nuova generazione un po' persa, con preoccupazione ma anche con la benevolenza di chi crede che, se le radici sono buone, non tutto è perduto. Mauro Corona sa essere al tempo stesso cantore di un passato che si sta perdendo e sentinella di un futuro pieno di incognite. In questo appassionato apologo, esplora le contraddizioni che sono alla base del rapporto tra l'uomo e la Natura, con lo sguardo di chi, dall'alto delle montagne, vede in anticipo arrivare la bufera, ma anche il primo bagliore di sole.

La luce degli incendi a dicembre

La luce degli incendi a dicembre

«Sorseggiarono il caffè, l’uno davanti all’altra, fra le macerie della vita passata di lui e i frammenti di quella presente di lei, agitati da una dolce eccitazione per quel supplemento di vita cui sentivano di avere diritto, da una feroce nostalgia per una vita che non c’era mai stata». Questa è la storia vera di un amore possibile. O forse è la storia possibile di un amore vero. Margherita e Marcello si conoscono su un treno. Lei sta scappando dalla sua famiglia, lui vi sta facendo ritorno. Seduti l’una di fronte all’altro, su un vagone affollato, tra bambini che giocano e anziani che hanno voglia di chiacchierare, i due si prendono le misure. All’inizio sono cauti; poi, quasi senza accorgersene, si ritrovano a confidarsi. Parlano di rapporti di coppia, di figli, di sogni e fragilità, di promesse mantenute oppure dimenticate. Come in un film d’autore, nell’intimità di un’inquadratura fissa, Matteo Bussola mette in scena un dialogo a cuore aperto tra una donna che ha uno sguardo schietto e disilluso e un uomo che non smette di credere negli altri. Due persone dalle esistenze apparentemente ordinarie, familiari al punto che ci sembrano le nostre. E che, nella realtà parallela del viaggio, scoprono una parte inedita, inconfessabile, di sé. Un incendio fuori stagione che forse neppure il destino riuscirà a spegnere. Come sarebbe “Prima dell’alba” se i protagonisti, anziché una ragazza e un ragazzo, fossero due adulti che si sentono traditi dal mondo? Sarebbe “La luce degli incendi a dicembre”. La storia di uno di quegli inattesi spiragli con cui la vita ci ricorda che siamo ancora in tempo.

Le parole della pioggia

Le parole della pioggia

A Tokyo, nei giorni di pioggia, all’uscita della stazione c’è una donna in attesa con l’ombrello già aperto, pronta a camminare accanto agli sconosciuti. È un lavoro, ma anche un rito, un gesto prezioso di ascolto e di cura: sotto quel cerchio che ripara dall’acqua, il mondo si ferma. Aya lo sa bene, come se abitasse da sempre il tempo sospeso delle nuvole. Laura Imai Messina ha costruito un coro di voci femminili che custodiscono memoria, proteggono ciò che scivola via. Una fiaba metropolitana che affonda le radici nel cuore delle leggende giapponesi, e proprio da quella materia antica trae la forma inattesa di qualcosa di nuovo. Le donne-ombrello sono studentesse universitarie, casalinghe, disoccupate annoiate, ricche vedove, donne senza alternative, persone con un futuro strabiliante. «Sono nata in un giorno di pioggia»: solo dopo aver pronunciato questa frase impugnano l’immenso ombrello che hanno scelto, allungano un piede in strada e prendono a camminare accanto ai clienti, accompagnandoli dovunque vogliano – Tokyo nell’acqua è magnifica, migliaia di città in una sola – e soprattutto ascoltando le loro storie. Le conversazioni che si tengono sotto l’ombrello restano segrete. Si parla, si tace, si inciampa, ci si dimentica del mondo fuori. Perché nel racconto che ne fanno, le donne sono tutte d’accordo almeno su un punto: il tempo sotto l’ombrello trascorre in modo diverso. Tra loro, solo Aya pare nata per questo. È una donna-ombrello da molto prima di iniziare questo lavoro. Tutto in lei evoca giugno – la stagione delle piogge –, l’estate le cammina addosso. Aya porta sempre con sé una copia consumata del “Dizionario delle parole della pioggia”: la pioggia dell’inquietudine, fatta di grani minuti e senza fine, la pioggia profumata, quella che stacca i fiori di ciliegio dai rami, la pioggia sottile come il pelo di un gatto, la pioggia gelida d’inverno, e quella che passa velocemente, e quella che cade sui fiumi, e centinaia ancora. Ma più della pioggia Aya aspetta Toru, un giovane pugile che si allena a correre in salita e discesa lungo la via più ripida della città. Lei si siede in cima e lo aspetta, pure se lui non vincerà mai. Perché nella vita serve anche chi perde, chi accetta di cadere, e da terra riesce a guardare il mondo da una nuova angolazione.

Desiderare

Desiderare

Da una parte c’è Douglas Spalding, grande scienziato – siamo in piena epoca vittoriana –, etologo, che anticipa il lavoro sull’imprinting di Konrad Lorenz, e che alla passione dell’osservazione degli animali non umani aggiunge quella degli animali umani. Dall’altra, Itzhak, il protagonista, grande scienziato contemporaneo, che si muove, proprio come l’autore, Giorgio Vallortigara – al quale somiglia –, in quel mondo vasto e largo che è la scienza. La scienza, nonostante sia cosa diversa dagli uomini e dalle donne che la fanno, può essere raccontata attraverso alcuni tipi, e così, accanto a Itzhak, stanno Pietro Ongaro, professore espatriato in Gran Bretagna, ironico e realista, Patrick de Gray, noto, notissimo scienziato, vanitoso e arrogante, Vittorio, che studia il cervello ed è ben conscio che da certe avventure non si torna indietro – la curiosità è pericolosa –, e Sylvia, ex matematica, dalla quale Itzhak è attratto. E infine la contessa, che consente a Vallortigara di spingere la scienza in quel grande immaginario gotico che è l’impossibile, l’irraggiungibile, l’impensabile, lo spaventoso. Itzhak ha una grande passione e un grande modello, Douglas Spalding, e come lui ondeggia tra la scienza e l’amore. D’altronde nel corpo c’è pure la testa. Spalding, per esempio, era stato raccomandato come tutore alla famiglia Russell, cioè ai genitori di Bertrand Russell, e in quella casa era diventato l’amante di Lady Amberley, madre di Bertrand, col beneplacito del marito John: la libertà delle menti che si accorda a quella dei corpi. Vallortigara racconta che non esistono due culture contrapposte, come sosteneva Charles Snow, ma una, e decide di dimostrare la coesistenza di ragione e sentimento, di scienza e umanesimo, con una storia che consente di far capire le cose senza spiegarle. Un grande romanzo che, per struttura – le storie incrociate, una nel passato e una nel presente –, somiglia a Possessione di A.S. Byatt, e per lingua e intenzione non somiglia a nient’altro; l’esordio alla narrativa di un grande scienziato.

Outdoor educazione senza confini

Outdoor educazione senza confini

Quando il tetto è il cielo e le pareti sono orizzonti: crescere all'aria aperta Non fa troppo freddo per uscire a giocare? È sicuro lasciare che i bambini si arrampichino sugli alberi? E se i nostri figli avessero bisogno della natura più di quanto immaginiamo? Con queste e altre domande, Federica Pepe ci guida alla scoperta dell'outdoor education, un approccio pedagogico che trasforma la natura in una grande aula a cielo aperto. Attraverso il racconto di esperienze vissute in prima persona in Svezia, l'autrice ci invita a mettere da parte le paure e i pregiudizi per riscoprire il valore educativo del contatto con l'ambiente. Outdoor educazione senza confini è quindi un viaggio nel cuore di un metodo che promuove autonomia, resilienza e creatività, immergendo i piccoli in un mondo di stimoli autentici. Dai boschi innevati ai cortili delle scuole, Federica descrive una quotidianità fatta di abiti impermeabili e nanne all'aperto, ma anche di mani che scoprono, occhi che osservano e menti che imparano. Infatti, come dice l'autrice, «l'outdoor non è solo un luogo in cui ci si colloca, ma è anche ciò che i bambini imparano nel momento in cui osservano la natura, raccolgono un pezzo di legno, scoprono cosa accade se si lancia lontano un sassolino». Con uno sguardo appassionato e una narrazione che intreccia riflessioni pedagogiche, aneddoti famigliari e spunti pratici, il libro offre ispirazione per genitori, educatori e chiunque desideri ripensare il rapporto con la natura, trasformandola da sfondo a protagonista di una crescita libera e indipendente. Con un contributo di Danilo Casertano, responsabile degli Asili nel bosco e del movimento Scuole Naturali.

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