Biblioteca Civica Bertoliana

Novità

Salvare il tempo

Salvare il tempo

Viviamo secondo l'orologio sbagliato, che ci impone il tempo come denaro. La nostra esperienza quotidiana, dominata dall'orologio aziendale, a cui molti di noi fanno di tutto per adattarsi, ci sta distruggendo. Non è un orologio costruito per le persone, ma per il profitto. Ecco perché le nostre vite, anche nel tempo libero, sono diventate una serie di momenti da comprare, vendere e trattare in modo sempre più efficiente. Jenny Odell ci mostra come il nostro doloroso rapporto con il tempo sia inestricabilmente connesso non solo alle persistenti iniquità sociali, ma anche alla crisi climatica, al terrore esistenziale e a un fatalismo letale. "Salvare il tempo" è un libro che squarcia la realtà così come la conosciamo - il nostro sperimentare il tempo stesso, riducendolo a unità standardizzate - e la riorganizza. In questa sorprendente e sovversiva riformulazione del tempo, Odell ci accompagna in un viaggio attraverso altri habitat temporali, e ci offre nuovi modelli e ritmi di vita - ispirati alle culture preindustriali, al tempo ecologico e geologico - che fanno sembrare possibile un modo di vivere più umano e più ottimista. Se possiamo "salvare" il tempo e recuperare la sua natura fondamentalmente irriducibile e inventiva, immaginando una vita, un'identità e una fonte di significato al di fuori del mondo del lavoro e del profitto, potremmo capire che la traiettoria delle nostre vite - o la vita del pianeta - non ha una conclusione scontata. E potrebbe anche essere il tempo a salvare noi.

La vita segreta degli elementi

La vita segreta degli elementi

Che siate appassionati o che abbiate conosciuto la tavola periodica solo sui libri di scuola, La vita segreta degli elementi farà sfolgorare la chimica in una luce tutta nuova. Sono in molti a sostenere che tra le cause del crollo dell’impero romano ci sia il piombo: onnipresente tra vini e acquedotti, l’elemento traditore avvelenò lentamente i nostri antenati. È una teoria dibattuta, ma non ci sono dubbi sul fatto che gli elementi chimici influenzino il nostro mondo molto più di quanto pensiamo. Al tungsteno, e alla sua ostinatezza, si devono le prime lampadine che illuminarono le case vittoriane. Il carattere ambivalente del cloro è stato la causa di numerose morti in guerra come di altrettante guarigioni, ed è grazie all’affabilità dello stagno se nel Quattrocento si sviluppò la stampa. E per le banconote degli euro, be’, il merito non può essere che dell’europio. Dietro a un aspetto rigoroso, la tavola periodica nasconde un mondo alquanto movimentato, affollato di vicende strabilianti e intricate relazioni, tra fiammate, esplosioni e mirabolanti passaggi di stato. Più impari a conoscerli, più ti accorgi che ogni elemento possiede un suo carattere: come in una grande famiglia, ci sono lo svitato e il piantagrane, la vecchia diva e l’ultimo arrivato, il tranquillone e il pollice verde, la coppia di inseparabili e i due che è meglio tenere lontani. Kathryn Harkup raccoglie le “vite” uniche di 52 elementi, muovendosi tra aneddoti storici e particolari scientifici con umorismo e chiarezza.

Bellagrand

Bellagrand

America, prima metà del Novecento. Tra strade infiammate dagli operai in rivolta e l'eco della Rivoluzione russa che promette la libertà dall'oppressione del capitalismo, Gina e Harry rincorrono il loro amore, che sembra non avere futuro. Troppo diversi i loro mondi, troppo lontane le loro aspettative: lei, immigrata dalla Sicilia quando era ancora una ragazzina, è tutta concretezza e istinto; lui, rampollo di una facoltosa famiglia con cui ha tagliato i ponti, è un sognatore infervorato dall'utopia comunista. Mentre Gina lavora fra la sala rammendi di uno stabilimento tessile e le pulizie a casa di gente facoltosa, Harry inneggia alla lotta del proletariato dal palco di un comizio e sostiene la propaganda scrivendo per giornali che non lo pagano un centesimo. Gina vorrebbe la rivoluzione del pane, una vita tranquilla e un figlio. Harry è pronto a sacrificare tutto per un ideale più alto delle piccolezze del quotidiano. Quando il radicalismo di Harry lo fa finire in carcere con il rischio di restarci per dieci anni, Gina ha solo una possibilità per salvare suo marito: chiedere aiuto al padre di lui, Herman Barrington, ricco industriale che è l'incarnazione stessa del capitalismo. È in quel momento che Herman offre alla giovane coppia il sogno di una nuova vita in Florida, a Bellagrand, in una villa bianca come la sabbia e l'innocenza. Sembra la promessa del paradiso, e forse lo è. Basterebbe rinunciare alla rivoluzione e scegliere l'amore... ma quale? Quello romantico, così forte da scalare una montagna di fango? O quello per la politica, che minaccia di far crollare tutto? Dopo "Figli della libertà", prequel della fortunata trilogia del Cavaliere d'inverno, Paullina Simons racconta un nuovo capitolo delle vite di Gina Attaviano e Harry Barrington, consegnandoci un romanzo che vibra di passioni e ideali.

La ragazza che sognava Hemingway

La ragazza che sognava Hemingway

Un'autrice in cerca d'ispirazione. Un padre mai conosciuto. Un viaggio alla scoperta di un segreto nascosto troppo a lungo. Le fiamme di cento candele rischiarano l'oscurità della cattedrale. Mentre veglia la bara chiusa, Delphine riesce soltanto a pensare che, con la morte della madre, ormai non c'è più nulla che la trattenga a Parigi. A diciassette anni, è finalmente libera di lasciare il collegio e inseguire il sogno di diventare scrittrice, sulle orme di un padre che non ha mai conosciuto, se non attraverso i racconti della madre. Le storie di quell'uomo geniale e imprevedibile, svanito nel nulla dopo due anni intensissimi e senza sapere di aver concepito una figlia, hanno accompagnato Delphine fin dalla più tenera infanzia, instillandole il desiderio di poter essere anche lei, un giorno, al pari di quella generazione perduta d'intellettuali e poeti che ha cambiato la storia della letteratura. Adesso che ha iniziato a scrivere il suo primo romanzo, sente che è arrivato il momento di confrontarsi con l'uomo che, con la sua assenza, ha segnato la sua vita: Ernest Hemingway. Così, Delphine si mette alla sua ricerca, in un viaggio che la condurrà dai vicoli oscuri di New York alle spiagge assolate di Cuba, dove forse le sue speranze s'infrangeranno contro una realtà che andrà ben oltre ciò che aveva immaginato... Una protagonista forte e in anticipo sui tempi, pronta a tutto per realizzare i propri sogni. Un'autrice capace di trasmettere tutto il fascino e le contraddizioni dell'epoca di Hemingway e della Generazione perduta. Una storia che ci ricorda l'importanza dei legami familiari e il potere che hanno nel forgiare la nostra identità.  

La condanna

La condanna

Giovanni ha ventiquattro anni e ha coronato il suo sogno, quello di lavorare nella redazione di un quotidiano. Intorno a sé, però, ha soltanto colleghi più anziani, ormai apatici, storditi da un mestiere sempre più in crisi. Tranne uno, Sergio Fabiani, caposervizio della cultura, che gli affida il compito di scrivere un pezzo su Donato Carretta, direttore del carcere di Regina Coeli, linciato in modo selvaggio dalla folla nel settembre 1944. Il giovane giornalista si immerge allora nella ricerca e nello scavo: sotto la guida paterna di Fabiani, Giovanni ci porta sui luoghi che furono teatro del fatto – il Palazzo di Giustizia, il Tevere, Regina Coeli –, ci mostra le testimonianze di chi quel massacro l’ha visto e documentato, e ce lo restituisce in un racconto vivido, crudo, reale. Chi era Carretta? Un fascista o un antifascista? Oppure uno della “zona grigia”? Con la precisione del reporter e l’abilità dello scrittore, Giovanni ricostruisce la storia di una condanna controversa, brutale, di certo ingiusta. Indagando le pulsioni e la rabbia che agitano la folla di quel settembre 1944 rivede, nella Roma liberata dal fascismo e dall’occupazione nazista, gli strepiti e i livori che si muovono, velenosi, nelle relazioni di oggi, nella comunicazione, sui social. Walter Veltroni torna con un romanzo intenso, capace di raccontare un passato ancora attuale, in cui possiamo leggere in controluce – e forse decifrare, un passo alla volta, insieme a Giovanni – il presente in cui viviamo.

Ogni prigione è un'isola

Ogni prigione è un'isola

«So come vanno le cose col carcere» scrive, «il carcere lo odiano tutti. Alcuni amano il carcere degli altri, per così dire»: parlarne è un gesto inevitabilmente politico, perché rivolgendo lo sguardo al carcere lo si rivolge al cuore della società, ma questo è anche e prima di tutto un libro personale, in cui ogni cosa – ritratti, riflessioni, cronaca, ricordi – è cucita assieme dalla scrittura limpida e coinvolgente di Daria Bignardi. "Il carcere è come la giungla amazzonica, come un paese in guerra, un'isola remota, un luogo estremo dove la sopravvivenza è la priorità e i sentimenti primari sono nitidi": forse è per questo che, da narratrice attratta dai luoghi dove "l'uomo è illuminato a giorno", Daria Bignardi trent'anni fa è entrata per la prima volta in un carcere. Da allora le prigioni non ha mai smesso di frequentarle: ha collaborato con il giornale di San Vittore, portato in tv le sue conversazioni coi carcerati, accompagnato sua figlia di tre mesi in parlatorio a conoscere il nonno recluso, è rimasta in contatto con molti detenuti ed è tuttora un "articolo 78", autorizzata cioè a collaborare alle attività culturali che si svolgono in carcere. Ha incontrato ladri, rapinatori, spacciatori, mafiosi, terroristi e assassini, parlato con agenti di polizia penitenziaria, giudici, direttori di istituto. Per scrivere di quel mondo si è ritirata per mesi su un'isola piccolissima: Linosa. Ma il carcere l'ha inseguita anche lì. E gli incontri e la vita sull'isola sono entrati in dialogo profondo con le storie viste e ascoltate in carcere. Bignardi ci racconta il suo viaggio nell'isolamento e nelle prigioni, anche interiori, con la voce unica con cui da sempre riesce a trasportarci al centro delle esperienze, partendo da sé, mettendosi in gioco, così come ha fatto la mattina del 9 marzo 2020 in un video girato di fronte a San Vittore, mentre alcuni detenuti salivano sul tetto unendosi alle rivolte che stavano scoppiando in molte carceri italiane. In seguito a quegli eventi sarebbero morte tredici persone recluse.

L'uomo dell'enciclopedia

L'uomo dell'enciclopedia

Marzo 1784. Il settantenne Denis Diderot, convalescente nelle campagne di Sèvres, è raggiunto da un trafelato cronista alle prime armi, risoluto a mettere a segno il colpo giornalistico della sua carriera: intervistare l’uomo che ha legato il suo nome all’Enciclopedia (Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers), grandioso catalogo delle conoscenze umane e impresa editoriale senza precedenti nell’Europa del xviii secolo. Pur con il presentimento della morte, Diderot è ancora abbastanza ciarliero da intrattenersi a colloquio con il suo giovane ammiratore, ricostruendo le vicende significative della propria avventurosa esistenza. Ne esce un racconto movimentato, ricco di improvvisazioni geniali, di imprevedibili cambi di ritmo e di rotta. Narrando la rocambolesca genesi dell’Enciclopedia, di cui fu uno degli artefici, Diderot percorre e ci fa percorrere la Francia dei Lumi. Penetra nei salotti e nelle tipografie di Parigi, avvicina protagonisti ed eroi della scena politica e culturale: da Jean-Jacques Rousseau a Madame Pompadour, da Cesare Beccaria a Voltaire, dall’affabile censore Malesherbes all’altezzoso filosofo Condillac. Amici, collaboratori illustri, antagonisti palesi e occulti, donne di insospettata virtù ed erudizione, uomini di scienza e di chiesa, chiamati alla ribalta da Diderot, contribuiscono al suo ritratto nel momento stesso in cui lui li ritrae per noi. "Dopo aver consacrato quasi tutta la mia vita all’Enciclopedia vorrei mi fosse risparmiato lo spettacolo di vedermi sepolto dentro un’enciclopedia che immagino piena di inesattezze, visto che non sarò io a curarla". L’esigenza di diffondere la conoscenza, l’estro di improvvisare la vita, il piacere sfrenato di raccontarla, nell’autobiografia che Denis Diderot non scrisse mai.

Giacomo Matteotti

Giacomo Matteotti

Ogni città italiana dopo la guerra ha dedicato una via, un corso o una piazza, spesso centrale, a Giacomo Matteotti, deputato del Psi dal 1919 al 1922, e poi - poco prima della Marcia su Roma - segretario del Partito socialista unitario di Filippo Turati e Claudio Treves. Fin dagli esordi del fascismo, Matteotti fu considerato un nume tutelare dagli oppositori del regime, «perché non transigeva e perché aveva un coraggio che mancava a troppi altri», come scrisse il foglio clandestino «Non mollare» nel 1925, poco dopo il suo omicidio. Ma a dispetto dell'importanza della figura di Matteotti per la storia italiana, la sua memoria è ancora sostanzialmente legata solo al suo assassinio per mano dei fascisti e alle vicende politiche che ne seguirono. A parte la toponomastica, poco è stato tramandato nel nostro immaginario collettivo dell'uomo di pensiero e d'azione, del suo riformismo, della sua idea di politica, di giustizia sociale, di libertà e di avversione alla guerra. Giacomo Matteotti fu un attore di primissimo piano nella sinistra italiana di inizio Novecento, tanto che «il mito popolare di Matteotti, coltivato clandestinamente durante il ventennio fascista non solo dai fuoriusciti ma anche dalla gente comune, contribuì certamente al sorprendente risultato dei socialisti nelle elezioni per l'Assemblea Costituente del 2 giugno 1946». L'Italia migliore si rispecchiava in lui e nel suo riformismo intransigente. A cento anni dalla morte, in un contesto politico nel quale si fa sempre più strada, pericolosamente, una certa strisciante relativizzazione della dittatura fascista di Mussolini, Federico Fornaro scrive la biografia completa e aggiornata di un politico scomodo, dai suoi esordi nel Polesine fino al suo tragico epilogo, per analizzarne il pensiero e la statura morale, andando oltre la sterile celebrazione del martire. Ne esce un ritratto a tutto tondo, che in parte spiega questa sorta di «amnesia» che pare aver colto l'Italia per un secolo intero.

Aut-Aut

Aut-Aut

1996. Selin è l’unica della sua famiglia turca a essere nata negli Stati Uniti e tanto fortunata da frequentare Harvard. Ora che è al secondo anno, sente di dover compiere qualcosa di straordinario. Ma prima ha un paio di questioni da risolvere. Come decifrare gli eventi dell’estate passata nella campagna ungherese o definire il rapporto con Ivan, la sua fiamma che brucia in una non-relazione a distanza. E soprattutto trovare al più presto un modo – o meglio qualcuno – che le consenta di raggiungere l’obiettivo fondamentale della giovinezza: (fare) l’amore. Tra party universitari, pagine di libri e rocambolesche prime volte, riuscirà Selin a diventare finalmente l’eroina del romanzo della sua vita? 1996. Selin ha superato, in tutti i sensi, il primo anno di Harvard ed è tornata dalla campagna ungherese dove ha soggiornato per un programma estivo illuminante sotto molti punti di vista, tranne l’unico che le interessava: Ivan. Il brillante matematico ungherese, l’enigmatico, impossibile Ivan con cui Selin ha avuto un’insolita relazione online (ante litteram), ormai volato a Berkeley per proseguire gli studi. Ma ora che è iniziato il secondo anno, Selin è decisa a non perdere tempo – ogni cosa alla sua età ha un carattere d’urgenza – e a non lasciare nulla di intentato. Per iniziare al meglio, sceglie di seguire le lezioni di letteratura sul caso. Cercando in libreria i testi per il corso, Selin nota “Aut-Aut” e rimane colpita dall’affermazione che campeggia in quarta: «E quindi, o si vive esteticamente o si vive eticamente». Selin non crede ai propri occhi: ci sono davvero libri che parlano di lei e della sua amica Svetlana, che fin dai primi tempi dell’università si servono del binomio «etica ed estetica» per sviscerare le rispettive differenze. Selin esce dalla libreria con l’opera di Kierkegaard e, per necessità curriculari, “Nadja” di Breton, convinta che quei libri le cambieranno la vita. Prima che si compia qualsiasi straordinario rivolgimento, però, Selin deve risolvere la complicata crisi di coppia con Ivan – che si annuncia irrisolvibile in quanto bisognerebbe prima di tutto essere una coppia –, fare chiarezza su certi strani eventi, come i tentativi di contattarla da parte dell’ex del suo amato, o dare un senso alle dinamiche dei pranzi in mensa e delle feste alcoliche. E in queste ultime trovare un’ispirazione, possibilmente in carne e ossa, che la aiuti a disfarsi dell’ingombrante peso della verginità. Forse sarà il sesso a restituire a Selin la capacità di vedere la sua vita come un racconto. Oppure sarà un avventuroso viaggio in Turchia a regalarle un’esistenza romanzesca. Ma come evitare di trasformarsi nella protagonista ferita e disperata, mediamente folle, tanto cara alla letteratura (non a caso prodotta da uomini per secoli e secoli)? Tra incredibili party universitari, pagine spietate e rocambolesche prime volte, riuscirà Selin a diventare l’eroina del romanzo della sua vita, e magari a esserne anche l’autrice?

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Dal 26/03/2024 al 27/04/2024

Esposizione: E io non sono stato che un passacarte!

e Palazzo Cordellina

Dal 08/04/2024 al 29/04/2024

Letture del Villaggio

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