Biblioteca Civica Bertoliana

Personaggi e Raccolte

Giovanni Maria Bertolo (1631-1707): Figlio di un falegname "tornidor", con bottega vicina alla Cattedrale, Giovanni Maria Bertolo nasce a Vicenza nel 1631. Compie a Padova gli studi legali ed esercita l'avvocatura prima a Vicenza e poi a Venezia. Tra i duecentoquaranta iscritti al registro degli Avogadori della Serenissima primeggia per dottrina e fama. Dal 1684 svolge come Consultore in jure della Repubblica un'intensa attività (circa 1500 consulte) e gli sono affidate missioni delicate, come un arbitrato tra il granduca di Toscana e il duca di Parma. L'imperatore Leopoldo nel 1680 lo fa conte del Sacro Romano Impero. Vicenza nel 1689 lo include nel Collegio dei giudici, nel 1690 lo elegge cittadino nobile e nel 1694 deputato "ad utilia". Il legame con la terra d'origine è dimostrato dal Bertolo, che dispone di notevoli mezzi, nelle migliorie apportate alla chiesa di S. Caterina, in cui sarà sepolto, nella riedificazione della chiesetta di S. Caterina al Porto in Borgo Berga, e dalla costruzione, sul soprastante colle di San Bastian, di una residenza di campagna ora nota come villa Valmarana ("ai Nani"), dal nome dei successivi proprietari che l'hanno abbellita con gli affreschi del Tiepolo.

Ignazio Savi (1775-1857): Nato a Vicenza il 28 febbraio 1775 da Giambattista e Giustina Formento, è ordinato sacerdote il 19 settembre 1789 e nello stesso anno è proclamato dottore in teologia presso l'Università di Padova. Eletto il 29 giugno 1803 bibliotecario della civica biblioteca, "si rese molto benemerito della patria con gli scritti e con l'opera" (così riferisce Sebastiano Rumor). È nel periodo della sua reggenza che la Bertoliana gode di un incremento mai conosciuto prima; la confluenza delle raccolte librarie messe assieme dalle corporazioni religiose, soppresse da Napoleone, fa salire il patrimonio a 80.000 volumi. Nel 1825 la biblioteca incorpora i volumi appartenuti al liceo. Si moltiplicano anche le donazioni: 1.753 opere, alcune assai pregevoli, da Girolamo Egidio di Velo (1792-1831), amico del Foscolo e di Gino Capponi; 30 preziosi manoscritti, tra cui un codice petrarchesco, nel 1836 dai fratelli Fedele e Domenico Lampertico; nel 1853 8.000 volumi stampati e 100 manoscritti già posseduti da Giacomo Tornieri. Coadiuvato dal 1843 dal vicebibliotecario abate Antonio Magrini, il Savi redige un catalogo per materia e un nuovo inventario del patrimonio librario.

Andrea Capparozzo (1816-1884): Nasce a Vicenza l'8 agosto 1816; ordinato sacerdote, è maestro di grammatica a Castelfranco Veneto e di lettere nel Seminario di Rovigo. Il 29 aprile 1857 viene nominato bibliotecario della civica biblioteca. Sotto la sua direzione è rifatto il catalogo per autori - vergato a mano su schede ancora oggi in uso -, viene stilato il catalogo dei manoscritti ed ampliato il catalogo per materia. Bernardo Morsolin, in un articolo pubblicato in occasione della morte su "Archivio Veneto" nel 1884 (Serie II, tomo XXVII, pt. 2), così lo ricorda: "Alle molte cognizioni bibliografiche accoppiò uno zelo, superiore ad ogni encomio, per ciò che potesse migliorare l'ordinamento, o promuovere l'incremento della Biblioteca. L'ufficio, affidatogli per circa trent'anni, fu per lui un secondo sacerdozio".

Lodovico Gonzati (1813-1876): Figlio di Vincenzo e della contessa Cassandra Arnaldi, nasce a Vicenza il 24 febbraio 1813. È ordinato sacerdote il 25 marzo 1837. Nel 1849 il vescovo lo nomina canonico della Chiesa cattedrale e nel 1853 il Capitolo lo innalza alla dignità di Arcidiacono. Valente storico e paleografo, coltiva gli studi di bibliografia, proseguendo la ricca collezione di manoscritti, volumi e opuscoli, di autore o argomento vicentino, iniziata dal padre Vincenzo, da lui ampliata a 6.000 opere e donata al Comune. La Biblioteca Bertoliana, da allora, ha incrementato questa collezione con gli stessi criteri: la Raccolta Gonzati costituisce tutt'oggi la più ampia ed organica documentazione sul territorio e sugli autori vicentini.

Archivio Storico del Comune di Vicenza: L'Archivio si sviluppa su 5.890 unità di confezionamento, occupando circa 730 m lineari di scaffalature; conserva documentazione compresa tra il XII e il XIX secolo. Il complesso di documenti si suddivide in due parti: il cosiddetto "Archivio di Torre" e l'Archivio Storico. L'Archivio di Torre (così identificato per l'antica collocazione nella Torre del Zirone, poi del Tormento, in piazza delle Erbe) comprende la parte più antica della documentazione, dal XII secolo alla caduta della Repubblica di Venezia; presenta un proprio catastico e indici vari che ne consentono un facile accesso. L'Archivio Storico conserva invece il materiale ottocentesco fino al 1893; ha un ricco corredo di Protocolli e di Indici dei Protocolli suddivisi in ordine cronologico e per materie o referati. L'Archivio di Torre, lungo la sua storia, viene più volte riordinato. Dopo il disastroso incendio del 18 giugno 1509 è spostato dall'originaria collocazione (la Torre del Zirone) in alcune sale attigue a quelle dei Deputati della città. Nel 1586 i Deputati incaricano Simandio Chiericati di rivedere tutte le antiche scritture. A una svolta si arriva solo nel 1680, quando Iseppo Cerato Orsino si impegna nel riordino generale dell'Archivio; le operazioni si fanno farraginose e ancora nel 1707 il lavoro non è terminato. Bisogna attendere il 1779 perché si intraprenda quello che Bortolan, non senza enfasi, definisce il "più grandioso lavoro di catastazione". L'incarico è affidato al domenicano Giovanni Domenico Scolari. Il lavoro dura 14 anni; il 10 giugno 1793 i Presidenti, con orgoglio, possono presentare ai Deputati della città il nuovo Catastico della Magnifica Città di Vicenza. La nuova sistemazione richiede personale esperto; la nomina ad archivista - siamo nel 1794 - spetta a Pietro Antonio Borgo, che lo stesso anno riceve anche l'incarico di terminare il catastico che lo Scolari aveva interrotto al 1789. Il precipitare degli avvenimenti politici condanna l'Archivio di Torre al più completo abbandono. Bisogna aspettare il 1859 perché il municipio incarichi Cesare Foucard, emerito professore di paleografia a Venezia, di proseguire il riordino dell'archivio antico; gli si affianca Eugenio Panizzoni. Foucard pensa bene di mantenere inalterato l'ordine dato dallo Scolari e si limita ad aggiungere al catastico un Inventario di tutti i libri e buste ai quali è stato apposto un numero progressivo. Il lavoro di Foucard è però destinato a interrompersi: non ben visto dalle autorità austriache è costretto all'esilio. Spetta allora al Panizzoni portare a termine l'incarico, secondo i dettami dell'insigne professore. Nel 1881, poi, quando al nucleo antico si era già aggiunto l'allora Archivio Corrente, il Consiglio cittadino delibera di affidare tutto il complesso archivistico alla Biblioteca Bertoliana e alle cure di Andrea Capparozzo.

Fedele Lampertico (1833-1906): Nasce a Vicenza il 13 giugno 1833; studia nel Seminario di Vicenza dove ha come insegnante Giacomo Zanella, di cui rimane sempre affettuoso discepolo. Questo legame gli permette di raccogliere quelle lettere ed opere che, donate alla Bertoliana, sono la base per la costituzione di un corposo fondo Zanelliano. Si laurea in Legge a Padova nel 1855; rappresenta dal 1866 al 1870 il Collegio di Vicenza alla Camera dei Deputati. È studioso di statistica, giurisprudenza, economia; si occupa di diritto privato e pubblico; è appassionato di storia veneta. Il senatore è nominato anche Presidente della Deputazione della Biblioteca dal 1866 fino al 1883. La donazione di Fedele Lampertico e degli eredi alla Biblioteca cittadina è di grande valore storico-culturale; raccoglie tra l'altro le pubblicazioni del Senatore, manoscritti d'interesse locale, circa 4.000 opuscoli, gli Atti di numerosissime Accademie. Dopo la morte del Lampertico giunge in Bertoliana anche il suo ricco carteggio, comprendente più di 80.000 lettere.

Antonio Fogazzaro (1842-1911): Nato a Vicenza nel 1842 da una famiglia agiata di stretta osservanza cattolica, studia presso il Liceo della città sotto l'insegnamento di Giacomo Zanella. Si laurea in legge nel 1864 e dopo una breve attività forense si dedica completamente all'attività letteraria. Nel 1866 sposa la contessa Margherita di Valmarana. A parte una breve parentesi milanese, trascorre la sua vita nella città natale dove muore nel 1911. Le parole dello scrittore pronunciate per l'inaugurazione della nuova sede della biblioteca-un anno prima della sua morte- sono dettate da un'ispirazione nobilmente liberale che acquista valore nell'inquieto contesto culturale e politico del tempo. Nel discorso il Fogazzaro esprime il sollievo d'aver lasciato un edificio ormai inospitale "dove la medicina dell'anima, molte volte amara ed aspra per sé, prendeva dai vecchi vasi un sapore particolarmente disgustoso". Rivolto agli amministratori del Comune egli afferma di non dubitare che uomini "determinati d'informare la loro azione politica alla loro fede democratica non dieno culto d'amore e di opere a questa Repubblica delle scienze e dell'arte dove tutti gli individui di un grande popolo di spiriti sono uguali davanti alla verità e alla bellezza, ... a questo Archivio del pensiero dove ogni proletario può trovare titolo di ricchezza vera e di nobiltà". D'altro canto "i doveri della Deputazione alla Biblioteca, ... il dovere di coloro che verranno, ... è di condurre a questa foce, con perfetta equità, tutti i rivi del pensiero moderno, qualunque ne sia la fonte, qualunque ne sia il colore, qualunque ne sieno il veleno o la virtù, pur sapendo che si urteranno veementi, pur sapendo che la filosofia del domani sorgerà sopra quella di oggi come un tempio sopra l'altro in S. Clemente a Roma... Tutti qui devono affluire i rivi del pensiero, non solo perché la luce sfavilla dal conflitto libero delle idee, non solo perché anche negli strati della formazione scientifica che restano coperti, sono talvolta radici e semi potenti a generare un giorno frondi fruttifere, non solo perché le oscillazioni del gusto artistico vanno registrate come quelle del barometro per i loro nessi con i moti dell'atmosfera intellettuale; ma sopra tutto perché una Biblioteca pubblica deve essere come una grande città ospitale dove le porte non hanno serrature né gabellieri, dove ciascuno si sceglie l'alloggio che conviene ai suoi mezzi, ai suoi gusti, alla sua professione, e sceglie pel suo diporto e riposo, i passeggi e i ritrovi che più lo allettano e sente e vede e gode le grandi correnti delle civiltà moderne... Qui sono edifici gloriosi, qui sono monumenti insigni, qui sono templi di religioni diverse, qui sono anche taverne, qui sono anche cimiteri. Qui tutte le porte sono aperte alle correnti vive del pensiero che osserva, che studia, che argomenta, che crea".